Who is the dreamer?

Cortesia del morto Danilo Kiš, “La leggenda dei dormienti” (Enciclopedia dei morti, Adelphi, 1988, pp.76-77).

Era un sogno? Era il sogno di un sonnambulo, un sogno nel sogno, e perciò più reale di un semplice sogno, perché non verificabile in base alla coscienza, giacché da un sogno simile ci si sveglia di nuovo in un sogno? O era magari un sogno divino, il sogno dell’eternità e del tempo? Un sogno senza illusioni e senza dubbi, un sogno con una sua lingua e con i suoi sensi, un sogno non solo dell’anima ma anche del corpo, un sogno della coscienza e del corpo a un tempo, un sogno dai confini chiari e netti, con una sua lingua e una sua sonorità, un sogno che si può palpare, un sogno che si può verificare con il gusto, con l’olfatto e con l’udito; un sogno più forte della veglia, un sogno quale fanno forse solo i morti, un sogno che non si lascia smentire dal rasoio con cui ti tagli il mento, perché ti uscirà subito il sangue e tutto quello che fai non fa che confermare lo stato di veglia, nel sogno sanguina la pelle e sanguina il cuore, in esso si rallegra il corpo e si rallegra l’anima, in esso non ci sono altri miracoli all’infuori della vita; da quel sogno non ci si risveglia che nella morte.

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