Uomini e tuberi

Due versioni della stessa patata.

Versione uno, in cucina Ricardo Piglia:

“BLOOM: (cordiale) Ridammi questa patata, vuoi? […] (Con sentimento ora) Non vale niente, però è una reliquia di mamma […] Un ricordo. Mi piacerebbe riaverla.
ZOE: Eccotela. (Alza un orlo del vestito, mostrando la coscia nuda, srotola la patata dalla calza.)

Quindi la fede [di Bloom] nella virtù curativa della patata gli viene da sua madre.  Molto prima ci è stato detto che Bloom soffre di reumatismi.
«Ho appena sentito una puntura di sciatica nel muscolo del gluteo sinistro. È una cosa di famiglia.»
Bisogna scorrere tutto il libro, dunque, per sapere che la patata, che costituisce un tema nel romanzo, è legata a una tradizione irlandese che Bloom eredita da sua madre: serve per curare i reumatismi, e Bloom la usa esattamente come faceva sua madre e la porta sempre con sé. Può dimenticare le chiavi di casa ma mai la patata.”
(“Cómo está hecho el Ulyses” in El último lector, 2010, pos. 2359 Kindle).

Potato I have.jpg

Potato I have

Versione due, in cucina Danilo Kiš:

Trattato sulla patata. È giunto il momento di pensare a noi nella prospettiva della vita e della morte, non come individui egoisti, ma dal punto di vista di tutta la nostra razza, questa divina malerba della terra, diffusa nel mondo intero, sparsa per tutti i continenti proprio come questa misera patata (Solanum tuberosum), sorta, come noi, dalle lontane tenebre della storia e della terra […] Questa povera patata […], questa escrescenza sotterranea, scrofola terrestre […], non è mai pervenuta, nel corso della sua lunga storia, alla perfetta forma circolare della mela o del pomodoro (altro frutto divino), ma è rimasta imperfetta come l’uomo, simmetrica solo in apparenza, piena di nodi e protuberanze, piena di rilievi e di escrescenze, di buchi e fenditure, senza centro e senza seme, senza nulla che indichi in essa la presenza del Creatore e della sua saggezza, ed è diventata l’immagine ideale della terra e dell’uomo creato dalla terra, carne e pelle, senza midollo e senza cuore, vero homunculus (homo-homulus-humus), perfetta immagine dell’uomo, un uomo senz’anima, un uomo da cui Dio è bandito.”
(Clessidra, 1990, p. 59).

 

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