Agli amici e le amiche – la comunità impossibile – che provano ad andare o tornare là, là sotto o là dentro: nel laboratorio centrale – per voi, direttamente dagli inferi, le parole del compagno Cortázar:
“Credo che la realtà quotidiana in cui viviamo non sia che il margine di una favolosa realtà che è possibile riconquistare, e che il romanzo – come la poesia, l’amore e l’azione – debba proporsi di penetrare tale realtà. […] Come scrivere un romanzo quando prima occorrerebbe dis-scriversi, dis-impararsi, partire à neuf, da zero, da una condizione preadamitica, per così dire? […]
Il mio problema, a oggi, è un problema di scrittura, perché gli strumenti che ho usato per scrivere i miei racconti non mi servono per ciò che vorrei fare prima di morire. […]. Un racconto è una struttura, ma ora ho bisogno di destrutturarmi per tentare di raggiungere, non so come, un’altra struttura più reale e veritiera; un racconto è un sistema chiuso e perfetto, un serpente che si morde la coda; e io voglio farla finita con i sistemi e i meccanismi di precisione per riuscire a addentrarmi nel laboratorio centrale e lavorare, se ne ho la forza, sulla radice che prescinde da ogni ordine e sistema.”
(Lettera a Jean Barnabé, 27/6/1959, in Rayuela, Alfaguara, 2013, edición conmemorativa)
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Quando la composizione arriva al suo limite estremo, si apre il territorio di ciò che è elementare. (Rayuela: Morelliana, cap. 94)
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