Istruzioni per CrapulaClub (versione non ufficiale)

Questo è un pensiero ucronico, astenersi eccetera eccetera.

E a forza di osservare la cosa, risulta che il pensiero più abissale del confratello Nietzsche non sia l’eterno ritorno, ma “una volta soltanto”: è la vertigine (il rimpianto, l’impennata, lo sdoppiamento, lo squarcio) della possibilità – è un’idea che balla sul vuoto col piede sul filo e non se ne fotte.
Date queste premesse, e come-volevasi-dimostrare, eccovi dunque un narrat pubblicato il 22 giugno 2026 (storia 2 o versione non ufficiale) dal Direttorio di CrapulaClub al gran completo per dire sempre la stessa cosa (la medesima, sì, con cui il Direttorio stesso, il 30 giugno 2019 nella versione ufficiale o storia 1, ha chiuso le porte di CrapulaClub per la gioia dell’accorto lettore).

Comunità. Narrat.

«Chi siete?» chiese il vecchio. Sulle prime non riuscimmo a rispondere: non era facile distinguere il vero dal falso, né eravamo usi a parlare con una voce sola.
«Siamo l’uno nell’altro, l’uno per l’altro» azzardammo. Giocavamo in disordine e a carte scoperte, come bimbi.
«Siamo sette» disse il vecchio, e di colpò ci sembrò di sprofondare, tutti insieme, in un sogno.
Fummo condotti in una radura – il vecchio, cieco, ci guidava: conosceva le asperità del luogo, le evitava anticipandole, eppure una volta lasciò che un ramo spiovente lo colpisse in pieno volto. La sua guancia sinistra sanguinò – con un dito raccolse una goccia, la portò alla bocca e sorrise:
«Vi insegnerò a mentire al momento opportuno».
Disse che era tempo di fondare una comunità come una roccaforte e una piazza, che sette – come i savi, come quelli contro Tebe: fratelli contro fratelli, figli di Edipo e della Sfinge – era un numero propizio, e che avremmo dovuto, nell’atto stesso di fondarla, presentire la sua fine, rimpiangerla e goderne. «Poiché due cose accomunano gli uomini: la nascita e la morte».
Non ci siamo risparmiati: abbiamo bonificato, arato, seminato. Abbiamo eretto una torre; sotto di essa scavato cunicoli.
Il vecchio morì poco prima della fine dei lavori – lo accompagnammo nell’ennesimo viaggio. In fin di vita ripeté la domanda: «Siamo sette?»
«Siamo molto più numerosi» rispondemmo all’unisono.

 

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