Crimini formalisti

Miscellanea.

“È il fatto stesso della diversità che dev’essere salvato, non il contenuto storico che ogni epoca gli ha assegnato, e che nessuna di esse sarebbe in grado di perpetuare al di là di se stessa”.
Claude Lévi-Strauss, Race et histoire.

“Non si possono toccare problemi come quelli della forma poetica, delle metafore, della rima o dell’epiteto, senza provocare come reazione immediata la risposta: addosso ai formalisti! Su ognuno grava la minaccia di crimine formalista. Questo termine è divenuto un punching-bag con cui si esercitano i bicipiti critici. Ogni accenno a «iterazioni foniche» o alla «semantica» è automaticamente seguito da uno sgarbato: dàgli al formalista! Alcuni critici cannibali hanno fatto di questa parola d’ordine un grido di guerra in difesa della loro ignoranza su tutto ciò che riguarda teoria e pratica dell’arte poetica e per scotennare chiunque osi turbare il wigwam del loro oscurantismo”[1].
Semën Kirsanov al primo congresso degli scrittori sovietici, Mosca, 1934.

Diane Evans

“Kant ovvero Can’t (o come scrivere con risentimento)”.
F.W. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli (il corsivo è mio, cioè l’intera frase tra parentesi è mia. Crimine formalista).

“Io sono l’equivoco fatto corpo: la mia tradizione è l’universo”.
Gomez, Biografia di una funzione.

***

[1] Non è un caso che questo aneddoto mi ricordi certe polemiche in litweb, quando ancora si esisteva in litweb – non è un caso, ma nemmeno una necessità.

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