Un’idea nuda, un archetipo insegue Emily Brontë: spinge per essere afferrato e raccontato. Come fare per maneggiarlo e possederlo?
È così semplice, suggerisce Sara Mazzini in Centinaia di inverni, basta abbandonarsi a esso, lasciarsi assaltare – un’idea nuda è più forte dell’individuo che intende veicolarla. Dice Emily (dice Sara in Emily):
“Di nuovo ero incappata in un personaggio maligno la cui storia presentava forti somiglianze con quella dell’orfano Walsh, che ormai era diventato per me una sorta di demone persecutore. Che si chiamasse Jack Sharp o Henry Casson, questo oscuro personaggio traboccante di rancore continuava a riproporsi alla mia attenzione in vesti nuove, e una tale ricorrenza mi spinse a pensare che forse la sua storia mi inseguiva perché sentiva il bisogno di essere narrata, e in me aveva individuato il mezzo più capace per sbrogliarla.
Nella mia mente si innescò un meccanismo febbrile. Ogni cosa che vedevo assunse una precisa collocazione nella mia immaginazione. A ciascuna assegnai un significato, non necessariamente identico a quello che aveva posseduto nel mondo materiale, e tagliai fuori tutto ciò che non sarebbe servito a raccontare la mia storia.”
(Centinaia di inverni, la vita e le morti di Emily Brontë, Jo March, 2018, pp. 140-141)
L’ha ribloggato su Io sono Heathcliff.
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